Vajonts 2023 Morlacchi
Il racconto di Marco Paolini diventa un coro: 100 teatri in un grande live il 9 ottobre 2023, a 60 anni dalla tragedia VajontS per una Orazione Civile Corale. A Perugia, il Teatro Stabile dell’Umbria e Fontemaggiore si uniscono al grande ricordo collettivo con un proprio allestimento di VajontS, in collaborazione con il Collettivo INC e il Laboratorio teatrale dell’Università degli Studi di Perugia.
La prima parte dello spettacolo sarà a cura di Fontemaggiore e Scuola di Teatro Mutazioni diretta da Beatrice Ripoli e Valentina Renzulli, la seconda parte a cura di – INC innprogresscollective e la terza parte a cura del Laboratorio Teatrale Universitario promosso da Università degli Studi di Perugia diretto da Vittoria Corallo.
Lunedì 9 ottobre in tutta Italia, grandi attori e allievi delle scuole di teatro, teatri stabili e compagnie di teatro di ricerca, musicisti e danzatori, maestranze, personale dei teatri e spettatori arruolati come lettori si riuniranno nei posti più diversi dallo Strehler di Milano ai piccoli teatri di provincia, ai luoghi non specificamente deputati al teatro come scuole e centrali dell’acqua, e ciascuno realizzerà un proprio allestimento di VajontS sulla base delle peculiarità del suo territorio. E poi, tutti si fermeranno alle 22.39, l’ora in cui la montagna è franata nella diga.
VajontS è un progetto di Marco Paolini per La Fabbrica del Mondo realizzato da Jolefilm in collaborazione con Fondazione Vajont.
L’ingresso è gratuito fino a esaurimento posti, è necessario prenotare il biglietto registrandosi su Eventbrite.it
Prima parte
a cura di Fontemaggiore e Scuola di Teatro Mutazioni diretta da Beatrice Ripoli e Valentina Renzulli
con Carlotta Capraro, Costanza Casavecchia, Lucio Cecchini, Fabrizio Cozzari, Beatrice Chiurulla, Luca Esposito, Sofia Fucini, Francesco Guarducci, Leonardo Malaguti, Giulia Materazzini, Simone Michelis, Alessandro Raiola, Sara Scafati, Enrico Scoppa, Massimiliana Vanacore Falco, Ilaria Volpini
Seconda parte
a cura di INC innprogresscollective
coreografie di Afshin Varjavandi
interpreti Jenny Mattaioli, Chiara Morelli, Elia Pangaro
e con Dac Danz’Art collective Gubbio
con Elena Tassi, Flavia Sferrazza, Samantha Bellucci , Costanza Monacelli, Francesca Tomescu, Rebecca Mosca, Viola Tomarelli, Sara Minelli, Sara Merangola, Giorgia Sbordone, Angelica Gentile
Terza parte
a cura del Laboratorio Teatrale Universitario
con Francesco Di Muro, Gabriella Ierardi, Chiara Lesage , Alessandra Lupo, Giovanni Maria, Ilaria Montenovo, Alessia Nepi , Federica Raspone, Federica Savino, Matteo Sorrentino.
IL PROGETTO
L’obiettivo è un’azione di teatro civile che affronti la sfida della crisi climatica. L’acqua e la tragedia del Vajont diventano un punto di partenza per avviare «pratiche di prevenzione civile».
Lo spiega Marco Paolini che nei mesi scorsi ha chiamato a raccolta il teatro italiano: «I terremoti non sono ancora prevedibili, le alluvioni lo sono di più, così come la siccità. Il territorio italiano è antropicamente denso come un formicaio operoso e insaziabile. Mangiamo terra, consumiamo suolo e buona parte di quel suolo è a rischio idrogeologico. A ogni catastrofe sentiamo ripetere parole che non servono a impedirne altre. Noi non siamo scienziati, né ingegneri, né giudici. Ma sappiamo che il racconto attiva l’algoritmo più potente della nostra specie: i sentimenti, le emozioni. Leve che lasciano segni durevoli, leve che avvicinano chi è lontano. Sono la colla di un corpo sociale e ora ci servono per affrontare quel che ci aspetta. Non è difficile immaginare che ci saranno altre emergenze. E allora accanto alla Protezione Civile, ci serve una Prevenzione Civile.
Un evento corale può dare sentimento al coraggio di affrontare la sfida delle conseguenze del riscaldamento climatico. Può dare sentimento alla ragione e alla saggezza di scegliere gli interventi da fare in base a un principio di tutela della vita, della salute, del bene comune, di riduzione del rischio».
La storia del Vajont riscritta e riascoltata 25 anni dopo il racconto televisivo non è più un racconto di memoria e di denuncia sociale, ma parla di oggi, di noi e del nostro futuro: insegna cos’è la sottovalutazione di un rischio affrontato confidando sul calcolo dell’ipotesi meno pericolosa tra tante. Tra tante scartate perché inconcepibili, non perché impossibili.