Caravaggio di chiaro e scuro
Quanti dettagli servono per raccontare la storia di Michelangelo da Caravaggio? C’è la peste da bambino, che gli porta via padre e nonno.
La fame e la povertà, il successo, le risse: agguati in strada, denunce e un omicidio. Fughe precipitose e ritorni.
Arresti, scarcerazioni, protettori, amanti, sentenze di morte. Una grazia arrivata troppo tardi.
Poi le tele: prostitute per madonne, giovani compagni di letto per angeli.
Se stesso testimone in disparte. Un vecchio per tutto il resto.
Opere spesso rifiutate dai committenti, “spropositate per lascivia e poco decoro”. I corpi: provocatori e sensuali.
E la sua mano che si muove irrispettosa: penetra nel costato di Cristo per l’incredulità di san Tommaso.
Decapita Oloferne senza che l’occhio abbassi lo sguardo. Guida la mano del santo analfabeta per insegnargli a leggere e scrivere.
Senza misericordia né resurrezione mostra la Vergine morta.
Dipinge calcagni neri, unghie sporche, orrore, notte, pochissima luce e tanta strepitosa, meraviglia selvaggia.
Se Michelagnolo Amerigi non fusse morto sì presto,
haverìa fatto gran profitto nell’arte per la buona maniera,
che presa havea nel colorire del naturale;
benché egli nel rappresentare cose non havesse molto giudicio di sciegliere il buono,
e lasciare il cattivo.
Giovanni Baglione, Vita di Michelagnolo da Caravaggio, Pittore
di Francesco Niccolini
con Luigi D’Elia
regia Enzo Vetrano e Stefano Randisi
disegno luci Francesco Dignitoso