Don Chisciotte

liberamente ispirato al Don Chisciotte di Miguel Cervantes de Saavedra 

In questa epoca dove non c’è più spazio per ideali né tanto meno per utopie, abbiamo voluto mettere in scena il sognatore per eccellenza, il prototipo del visionario, del poeta, del folle utopista.
Tutto lo spettacolo è affidato a due soli attori (due vagabondi? due clochards? Due artisti di strada? Due folli?) i quali giocano, con un continuo scambio spazio/temporale, tra una Spagna immersa in un malinconico tramonto dei grandi ideali che avevano animato il cosiddetto Secolo d'Oro, annientati da uno spiccato materialismo nascente, e un'Italia (o forse un'Europa, un Occidente intero?) che di fatto è ancora vittima della lunghissima onda provocata da quella stessa decadenza.
Don Chisciotte si arma cavaliere con il sogno impossibile di difendere i deboli e punire le prepotenze e le ingiustizie, e si scaglia al galoppo contro tutti quei loschi individui che osano calpestare le regole cavalleresche troppe volte derise e negate, attraversando così le epoche, sempre cavaliere solitario e ramingo, per ritrovarsi infine in un mondo che non riconosce più; e allora inevitabile la sconfitta; tutti deridono il suo coraggio, malinconico e utopista. Don Chisciotte ed il suo fedele scudiero Sancio Panza si abbandoneranno ad una vita errabonda, alla ricerca di quel regno, isola, terra, che il Cavaliere Errante aveva promesso al suo scudiero come premio, ma che ambedue sanno ormai che non sarà più raggiungibile. Il loro futuro è quello di un viaggio senza meta, due “perdenti”, dovunque stranieri, “diversi” da deridere e sbeffeggiare.

Regia Claudio Carini
Debutto

elaborazioni grafiche e pittoriche Giorgio Lupattelli
consulenza scenografica e costumi Beatrice Ripoli
fonicae luci Giuseppe Bernabei e Luigi Proietti
drammaturgia Claudio Carini, Fausto Marchini, Nicol Martini
con Claudio Carini e Nicol Martini